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La lega del filo rosa [May Day 2004]

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Articolo xy
L’Italia e’ una Repubblica fondata sulle relazioni.

Non e’ piu’ il lavoro il collante sociale che garantisce una sopravvivenza
dignitosa, siamo piuttosto imbrigliati tra *famiglie*, amicizie, affinita’
e altre forme di legame piu’ o meno convenzionali che sono l’ultima (e
unica) rete di sicurezza che ci e’ concessa.

Alla Mayday di Milano, partendo dal Blocco Rosa, invaderemo la parata
cercando di rendere visibile e tangibile questa rete attraverso azioni
performative includenti e interattive.
Molteplici fili rosa costruiranno improbabili architetture, lanceranno
ponti, intrecceranno collegamenti.
Fili fragili e precari come le nostre esistenze, pronti a spezzarsi e a
riallacciarsi liberamente a rappresentare i legami come li vogliamo,
basati sul consenso e sul gioco (intrecci a maglia larga, non nodi, dai
quail ci si possa sfilare senza la necessita’ di spezzarli).

Se abbiamo perso il filo del discorso, riannodiamo i fili della
comunicazione. Badando bene che siano fili rosa 😉

Empowerpink: si insinua nell’etere come un profumo, cattura il nervo
ottico come un fascio di luce nella penombra.
Porta il tuo filo rosa e intrecciati: la rete si muove e si espande.

Facciamoci il filo come innamorat* discretamente invadent*.

… e sopra di noi, a vegliare sul grande spettacolo rosa, Spider Mom: la
mamma ragna, che a volte ritorna per insegnarci un nuovo stile di
tessitura: una la disfa, un’altra continua!

(comunicato del Pink Bloc risalente al 2004, che annunciava una performance abbastanza delirante che feci all’interno della May Day Parade, tra le altre cose.
sembra ieri, ma sono passati piú di 10 anni. e l’analisi e l’invito mi sembrano piú che mai attuali.

alcuni di quei fili si sono aggrovigliati, altri sono diventati delle corde robuste che mi tengono su quando mi domando che senso abbia il mio impegno e se ancora valga qualcosa.
oggi che è primavera e che ho sconfitto l’inverno del mio proprio scontento mi dico che sí che ne è valsa la pena, che il rosa ci ha liberato, ci ha aiutato a creare degli spazi di autonomia e ha dato voce a molti soggetti che nel contesto della militanza tradizionale non trovavano spazio.
non saró per le strade di Milano a contestare l’infamia di Expo, ma di sicuro ci sará una parte di me: quella che ho seminato e coltivato in questi anni insieme a tanti e tante altre.
e scusate l’ardire e il personalismo, ma ne vado abbastanza fiera.

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che siate rosa, rosse, nere o verdi la zia vi penza e v’accompanza, adelante)

giochi pericolosi

tre amici si incontrano. sono tre persone a cui piace giocare. sono adulti rimasti dentro un po’ bambini e fanno giochi pericolosi in luoghi insoliti.
gli piace togliersi l’aria, sperimentare l’ebrezza di rimanere senza fiato e mettere uno la vita nelle mani dell’altro.

ma una sera qualcosa va storto. le corde con cui giocano strappano via la vita a una di loro, lasciano l’altra mezza morta e incosciente e giurerei che anche il terzo non si senta troppo bene.

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figurine di un’estate


(la leggiadria queer di un’immagine di Jacopo Benassi)

ho voglia di scrivere cose sporche.
voglia di inventarmi la sceneggiatura di future scopate gloriose, di ricordare scambi intergalattici giá vissuti in cui ti conobbi a volte sublime, a volte miserabile.
ho voglia di bagnarmi e di sentire la bocca asciutta, di mordermi le labbra e tremare mentre il desiderio si concentra sulle falangi e titilla i tasti come se fossero parti del tuo corpo.

io, la macchina e tu (se fosse una canzone sarebbe napoletana)

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lavori in corso


(l’immagine è di Simona Pamp)

l’estate ferve.
nell’area Mediterranea non fa neanche tutto questo caldo (almeno finora), mentre Londra brucia.

qui a Milano si è appena concluso il laboratorio di pornociclistica e contrasessualità (doveva essere solo un video, credo che sia stato qualcosa di diverso e di più ma aspetto di avere un po’ di tempo per rifletterci e di sentire qualche altro feedback prima di parlarne).

i miei tempi sono troppo veloci per riuscire a scrivere regolarmente. ho troppo da vivere ultimamente…

(se proprio vi manco che non ce la fate, guardatevi il video di Rosario Gallardo alla Muestra Marrana, che ancora non ce l’ho fatta a raccontarvela ma lo farò presto)

L’indignazione precaria vs Slavina (feat. CaccaDura)

Domenica scorsa 19 giugno era l’ultimo giorno del mio soggiorno sui sette colli. Dopo aver timbrato l’ultimo cartellino al Forte (5 giorni su 5, se non fosse che ci ho passato pure 5 anni tondi della mia non giá breve vita mi sembrerebbe un’immensitá) avevo deciso di farmi un giretto anche per il centro, se non altro per far mangiare una pizza ad Esperanza che altrimenti non avrebbe avuto l’impressione di essere stata in Italia.

Il vero obiettivo era raggiungere la piazza romana dell’Indignazione precaria: la chiamata sotto Montecitorio era per me ovviamente irresistibile… ma prima, per non sentirmi del tutto solo e sempre militonta, avevo deciso di passare con un gruppo di amiche a una mostra di Francesca Woodman, ove erano esposte alcune sue piccole foto e una serie di documenti inediti (alcuni interessanti, altri meno).

Diciamo che ad attrarre la mia attenzione, piú che la mostra in se, fu il luogo che la ospitava: si chiama Museo del Louvre ed é uno di quei posti che é bello e irreale esistano ancora in un mondo come il nostro.

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Sapessi com’é strano il postporno a Milano

la bieda cresce rigogliosa nell’orto. la menta stenta nel giardino.
non é ancora arrivato il tempo del primo Mojito party della stagione, ma la primavera si va decisamente scaldando…

(tra un paio di giorni abbandono il mio eremo neorurale per la rutilante Milano.
qualcunx mi aspetta…)

 

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Ri/torni (salmo responsoriale)

Non credo vi sembrerá strano se vi confesso che ho avuto un’educazione religiosa.
Quello che é piú stupefacente é che ho seguito tutto il cursus honorum dei sacramenti cattolici, stoppandomi solo alla cresima.

Mia madre si professava cristiana piú che cattolica, ma con un’ammirabile abnegazione portava me e mio fratello a messa any given sunday in una chiesa fuori dal nostro malfamato quartiere. Il prete era un tipo affascinante, un manicheo che tuonava dal pulpito con una bella eloquenza, condannando il consumismo e la superficialitá, predicando l’amore e il sacrificio. Credo che tutte le donne del quartiere ne fossero innamorate – e lui era cosí figo che secondo me qualcuna se la raccattava pure.

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