a Patricia Heras, per sempre.


La Patri era poeta precaria e attivista queer.
Era tra le organizzatrici della Muestra Marrana, festival di cinema porno non convenzionale che mi ha fornito gran parte del materiale video delle presentazioni che sto facendo in queste settimane.

Nel 2006 era stata accusata, insieme ad altre 4 persone, di un crimine che non aveva commesso (il ferimento di un Guardia urbano). Dopo 3 kafkiani gradi di giudizio e un’indulto negato le era piovuta in testa una condanna a tre anni e mezzo, che stava scontando in semilibertà (lavorando e tornando a dormire in carcere durante la settimana, sottoposta a continui controlli e analisi del sangue).
Nonostante il supporto e la vicinanza delle persone che la amavano, che non erano poche, Patricia non ce l’ha fatta ad andare avanti.
Il 26 aprile scorso si è suicidata, riprendendosi la libertà nella maniera più violenta e radicale.

Amavo Patri, come una sorella e un pò di più.
L’amavo dell’amore delle cagne rabbiose, che non accampa diritti di proprietà e che obbedisce solo all’imperativo Liberati, liberami, liberiamoci.
Io l’ho persa e l’abbiamo persa tutte, anche voi che non la conoscevate.
L’ingiustizia della sua morte pesa come un macigno sul mio cuore, mi toglie il respiro e mi spezza la voce.

Nowhere girl

Poeta Difunta, blog di Patricia

 

(queste sono le parole che hanno aperto il seminario di venerdì 29 alla Fornace)

 

Ho saputo della morte di Patricia solo la mattina del 28 (ero a Milano dal giorno prima), in un modo assurdo e straziante.

Mi è arrivato un invito ad un evento feisbuk. Diceva Despedimos a nuestra poeta difunta. Despedirse significa salutare quando una se ne va – in Spagna è molto abituale fare feste di despedida quando una cambia città o parte per un viaggio. Ho subito, stupidamente pensato: hanno dato l’indulto a Patri e parte per fare un viaggio, che bello.
Il mio cervello per alcuni istanti lunghissimi s’è rifiutato di funzionare. Non poteva essere vero. Non poteva essere possibile. E invece sì, era l’invito al suo funerale.

L’ultima volta l’avevo incontrata a casa sua, ci aveva tenuto a farmi vedere la sua stanza. Aveva da poco tirato insieme tutte le cose che aveva sparso in giro durante alcuni anni di nomadismo precario. I suoi libri, i suoi fumetti.
M’era sembrata molto contenta d’averlo fatto. Mi sembrava un buon segno.

Me lo aveva detto chiaramente che stava male, che le pesava la vita che faceva, che non riusciva a fare niente di quello che voleva, neanche tirare fuori la rabbia o il dolore.

 

Sono passati dei giorni e ancora non ci credo.

Amare Patri m’aveva aperto dei mondi e aspettavo con pazienza che ripassasse dalle mie parti. Mi domando oggi se forse non avessi dovuto avere tanta pazienza.

Ci sono degli amori che sfuggono alle categorizzazioni a cui siamo abituate, complicità che nascono dalla pelle, passioni che non hanno nome.

Patri era una sorella che volevo baciare e abbracciare e poi toglierle quei riccetti dalla faccia e dirle que guapa eres
Era bella e tenera, strizzava gli occhi e faceva un sacco di smorfie quando parlava ed era sempre accogliente, anche quando si vedeva che non aveva abbastanza energia nemmeno per se’.

Io non ho più occhi per piangerla e ogni parola mi sembra niente e mi sembra di troppo.

Seguiremos juntaxs luchando para ser libres, dicono le VideoArmsIdeas
(Continueremo a lottare insieme per essere liberx)

Così sia.

6 thoughts on “a Patricia Heras, per sempre.”

  1. quando se ne vanno così resta solo un frastuono clamoroso… a me dopo tre anni vibra ancora il cervello. E le domande ormai non si contano più come il desiderio di ritornare indietro, di guardarsi ancora negli occhi un’ultima volta, e i sogni che si infrangono sulla sveglia del mattino lasciandomi dentro voglia di piangere e necessità di andare avanti.
    L’unica consolazione è che mentre i miei capelli si fanno sempre più bianchi lei rimane sempre giovane e sorridente…

  2. grazie amico lontano 🙂
    l’hai detta benissimo, Patri era preziosa e rara (e quando parlava a volte nun se capiva – no, non sei l’unico che le ha detto Eh?)

    io sto in un buco di dolore ma un sacco di patpat provenienti da varie parti del mondo in queste ore m’hanno fatto sentire meno sola.
    grazie ancora, a tutte

  3. pensa te.
    ieri sono stata a Marina, nella casa okupa dei miei amici e abbiamo parlato a lungo di Patri. L’anno scorso abbiamo organizzato una festa per i 10 anni di occupazione e c’era anche lei: abbiamo passato insieme delle ore divertenti che avevo totalmente rimosso. questa cosa delle vite che si sfiorano mi lascia sempre piacevolmente sorpresa.

  4. l’ho saputo ieri e stanotte l’ho sognata.
    ti bacio amica mia. e ti stringo forte.

  5. Un segno dei tempi….
    anche io l’ho saputo tramite feisbuc…era un messaggio di una mia amica milanese/barcellonese, ora in Sicilia (magari l’hai pure conosciuta, la Fra!)..
    e pensavo, “che bello, m’ha scritto la Fra! e’ un po’ che non la sento…”
    Pero’ non ho avuto…un attimo di esitazione, nel credere a cio’ che leggevo…
    era chiaro, era chiaro perche’, era chiaro che poteva farlo, e al tempo stesso mi cadeva addosso il peso di non sapere da troppo tempo come stava, di non essermi fatto vivo dal Guatemala (dopo averla vista a Barna a Gennaio) di non essermi chiesto se la situazione fosse migliorata, (dopo essermi rinfrancato per averla vista fuori, in SEMI-liberta’!) se per caso avrei potuto far qualcosa per lei, che non si era detta interessata alla mia proposta (non del tutto ironica) di trovarle documenti falsi (prima che entrasse in carcere), di non averle scritto mentre era dentro full-time (e con te ne avevo parlato, e da te ero stato rimproverato e incitato a farlo) …
    e ho cominciato a gridare, e poi mi mancava il respiro, e intanto ero a telefono con mi novia, mentre guardavo il computer…e lei pensava che mi fosse successo qualcosa…e poi ho ricominciato a parlare…
    e poi… ho cominciato a ricordare, a rivederla, a ribaciarla, a riabbracciarla, a riascoltare la sua voce sempre rapidissima e a tratti incomprensibile…e..mi pare che ero l’unico che je lo diceva, ogni tanto, di ripetere cosa aveva detto… e sempre carina, tenera, paziente con chiunque: amici, conoscenti, borrachos, plasta, animali, oggetti…
    ho cominciato a guardare il suo blog
    li’ dice tutto, tutto cio’ che serve per capire
    ho cominciato a vedere un sacco di foto sue in giro…(come qui)
    e ho cominciato a fare il percorso…inverso…
    Non mi sembra possibile! Sono convinto che quando ripasso per Barna la vedro’, stara’ li’, alla Rouge, o alla Bata, o in qualche festa…

    Ora sto vestendo di nero come lei,
    sto parlando di lei alla gente (o scrivo, come ora)
    racconto la sua storia
    ho letto una sua poesia (dal blog di Post_Op) in pubblico,
    ci metto molto di piu’ per addormentarmi.
    Ma soprattutto sto chiamando le mie amiche
    (o scrivendo loro, come ora)
    per dirle que las quiero mucho
    que se cuiden,
    per chiedere come stanno, o se posso far qualcosa per loro…
    per incoraggiarle, per darmi coraggio,
    per sopravvivere… visto che vivere e’ tanto difficile
    Patricia ci riusciva benissimo!
    era la vita, era il sole…anche dietro le mille nuvole che la potevano coprire…
    Ora lo Stato Spagnolo le imponeva di sopravvivere e nulla piu’!
    La vita, la vita sua,
    era rimandata a…fra 3 anni…
    per essere andata in ospedale dopo una caduta dalla bici!
    …e Patri non lo ha accettato.

    Ti abbraccio forte, Silvia
    ti voglio tanto bene!!

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