Devenir babbiona – qualche consiglio pratico per milf in erba

(se volete potete scrivermi a slavina@insiberia.net – ma poi non ditemi che non volete essere pubblicate perchè consulenze private non ne faccio, abbiate cura di occultare i dati sensibili che vi riguardano se non volete essere riconosciute)

Cara Slavina, mi sento un po’ ridicola, alla mia etá, a scrivere a qualcuno che conosco appena per chiedere un consiglio… peró qualcosa nel profondo mi dice che puoi capirmi e che mi prenderai sul serio.
Mi rimane comunque difficile affrontare l’argomento, quindi per introdurlo utilizzeró un supporto multimediale

Ti giuro che era solo ieri. Cioé, io davvero me lo ricordo come se fosse ieri, non è mica un modo di dire… e invece è passato un sacco di tempo, piú di 10 calendari. Era il 2002 quando usciva questo video e io, pur non essendo giá “di primo pelo” fui sinceramente colpita dalla scelta del cantante (uno dei sex symbol dell’epoca).
Quasi posso risentire nella testa la frase che risuonó sonora “Anvedi che babbiona che ti sei rimorchiato Robbie…” All’epoca i quarant’anni mi sembravano piú lontani della Nuova Zelanda.
Invece è finita che in Nuova Zelanda non sono mai stata e i quaranta sono arrivati. E anche se sono (secondo la definizione corrente) ben portati, io me li sento tutti.
Sono madre di una bambina che sta per finire le elementari, ho un ex marito con cui sono in rapporti cordiali, faccio un lavoro malpagato e precario e mi tengo su con lo yoga.
E ho una disperata voglia di vivere e di amare ancora.
Questo è il punto dolente: da qualche settimana ho conosciuto un ragazzo. Frequenta la mia stessa palestra e tra una battuta e l’altra si è creata una certa confidenza, che ci ha portati al piú felicemente ovvio dei finali: una serie di scopate che mi hanno rimessa al mondo e fatto credere allo slogan “la vita comincia a quarant’anni”. E che voglio di piú dalla vita? Sono essenzialmente due le questioni che mi fanno stare male.
Purtroppo la felicitá di questa che voglio chiamare relazione si ferma al privato. Di uscire con il mio amico e presentarlo ai miei amici di tutta la vita… mi vergogno. Come ti ho detto lui è molto piú giovane di me e ho paura di venire etichettata come la tipica babbiona in cerca di carne fresca (scusa la brutalitá, potevo anche usare un bel giro di parole ma la sostanza è questa – perchè se lo dicono di Demi Moore figurati se non lo dicono di me…).
La seconda questione è meno sociale e piú personale. Ho paura.
Paura di diventare dipendente e soffrire perchè non posso piú farne a meno, paura che arrivi una ventenne con le tette come missili e il trikonasana piú aperto del mio e se lo porti via, paura che per noi non esista un futuro, paura che mi stia solo prendendo in giro… e ovviamente ho paura che le mie paure mandino all’aria quello che ho adesso, questa connessione cosí bella, preziosa e fragile.
Che cosa dovrei fare secondo te?
Pantera ’71

Cara Pantera, goditela.
Adesso te lo spiego meglio ma tu intanto memorizza questa parola e fissatela bene in testa come se fosse una posizione dello yoga. GO-DI-TE-LA. Senti come suona bene? Io fossi in te, lo farei diventare una specie di mantra. Vivendo una condizione esistenziale per molti versi simile alla tua, è quello io che faccio (o cerco di fare).
Infatti nonostante i capelli strani, l’abbigliamento informale e l’ostentato brio, giá da alcuni anni mi è toccato in sorte l’appellativo (non richiesto) di signora, e un po’ babbiona mi ci sento… visto anche che mi capita abbastanza spesso di provare delle simpatie travolgenti – a volte ricambiate – per persone molto piú giovani di me.
È relativamente poco tempo che sperimento la sensazione di essere “la vecchia” della coppia, ma qualche idea su come gestire il disequilibrio me la sono fatta (io poi da giovane di babbioni me ne sono passati un bel po’, ho anche questo di vantaggio).
Comincio dalla questione personale, perché credo sia piú importante lavorare sulle tue paure piuttosto che sull’idiozia dei tuoi amici. Come donne, ci insegnano ad aver paura di tutto – tranne che delle cose delle quali dovremmo realmente avere paura (il sessismo, l’inquinamento, l’ingiustizia e un lungo eccetera).
Le relazioni nascono, a volte esplodono e ci travolgono e poi si trasformano. È nel ciclo naturale delle cose molto piú che l’idea perversa dell’amore eterno e sempre uguale a se stesso. L’amore io lo vedo piú come un ponte che ti puó portare piú o meno lontano, piuttosto che una casa dove inchiodarsi finchè morte non ci separi.
Quelle che ti sto per elencare per me sono delle vere e proprie regole, che ovviamente sono fatte a mia misura e potrebbero non andar bene per te – ognuna dovrebbe darsi le sue, secondo il senso piú profondo della parola autonomia – peró possono essere degli spunti. La prima regola, per quanto mi riguarda, è che l’amore deve valere l’allegria, non la pena (questa te la illustro anch’io avvalendomi di un supporto grafico).

l’allegria, non la pena

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Aiuto! Non sono monogamo… cosa ci faccio in questo Centro Sociale?

inauguriamo con questa lettera LA POSTA DEL CULO, spazio di consulenze su temi legati a sesso, amore e altre calamitá.
se anche voi avete bisogno di un consiglio, una predica o un calcioinculo virtuale potete scrivermi a slavina@insiberia.net

mais amor

Cara Slavina
spero che non ti offenda il fatto che ti chiamo cara, lungi da me il voler invadere il tuo spazio ma per le cose che scrivi e ció che rappresenti mi sei molto cara, quindi te lo dico.
(che non si sa mai, con voi femministe…)
Ti scrivo perché mi sembri l’unica persona che possa comprendermi in questo momento della mia vita. Sono senza punti di riferimento e dopo aver creduto per molti anni nella partecipazione, nella condivisione, nella forza della collettivitá… oggi mi sento solo come un cane.
Ti spiego in breve i fatti:
faccio parte di un collettivo. Ci vogliamo tutti bene, siamo amici, viviamo anche alcuni momenti belli di relativa promiscuitá (non tra maschi peró: nel nostro gruppo non c’è nemmeno un frocio – cioè volevo dire un omosessuale). Ci facciamo un sacco di discorsi sul superamento delle barriere e ci capita di leggere e commentare in maniera accanita i testi sacri della teoria queer (questo per dirti che non siamo un gruppo di “antichi”, anzi… la teoria la sappiamo bene)
Peró da qui a mettere in discussione alcuni capisaldi di quello che voi fomentone chiamate il regime dell’eteronormalitá, ce ne passa. L’ho sperimentato di recente sulla mia pelle.
È successo un flirt tra me e una compagna, lei fidanzata, con un nostro compagno. Lei non voleva poi dire niente a lui, mentre io si, ma per rispetto di lei ho evitato. La storia è ovviamente emersa e ora lui (e altri) mi odiano. Dicono che ho tradito la fiducia dei compagni…
Ma di quale fiducia parlano? Il problema per me é a monte: relazioni tra compagni impostate come matrimoni e individui proprietarizzati dai partner. E ammesso che ció non sia una gigantesca incoerenza, il punto è che non ero io che avevo un patto con qualcuno, non ero io ad aver promesso (in maniera piú o meno esplicita) la mia *fedeltá*… e allora perchè sono io lo stronzo e il traditore?
Io vorrei tanto un mondo senza coppie chiuse.
Secondo te chiedo troppo?
Dov’è che sbaglio?

PS non è che per caso hai il numero di telefono di Valentina Nappi?

Un saluto a pugno chiuso
Deluso ’89

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SONO STATA A UN CABARET POSTPORNO – e da allora continuo a pensarci… (di Grazia Marostica)

(contributo critico ricevuto attraverso la Rete, lo pubblico con piacere con molti ringraziamenti all’autrice)

 

26 settembre 2014 – Magazzino 47, Brescia.
Becchiamo gli ultimi posti infondo alla sala appena in tempo per accorgerci che un corpo nudo sta avanzando verso il palco, sale e si gira verso di noi mentre una voce fuoricampo cita Itziar Ziga autrice di “Devenir Perra”.
Slavina alza un sopracciglio e ci lancia un sorrisino furbo che dice “èh si, eccomi qua”, tutta ignuda e senza disagio, ti trasmette una sensazione piena e propria solo di chi ha fatto totalmente pace con il proprio corpo.
Ma adesso che fa? Balla, ci farà ridere?
Lei si presenta e nemmeno ci fai più caso che è nuda… e poi la sua voce è così bella…
scoppiamo a ridere quando indossa una parrucca bionda e uno le urla “Sembri Donna Summer” e la sua risposta pronta è “Mah, mi sa che sei daltonico…”

al Magazzino47 di Brescia (foto di Pamela Marelli)
al Magazzino47 di Brescia (foto di Pamela Marelli)

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mi Relato Marrano…

Date la vuelta.
Quiero mirarte a los ojos mientras te la meto.
Quiero escuchar tu voz que se hace pedazos, tus ojos apretarse con estrépito, tu espalda enarcándose mientras se te para el aliento.

Levanta las piernas y hazme sitio.

(imagen guardada de un tumblr que ya no existe)

Así empieza Las apariencias engañan, el primer relato que he escrito sin pasar por mi lengua madre (to’ un desafio, nenas…)

Es parte de una obra colectiva, Relatos Marranos, que dos curadoras y una editorial muy valientes están intentando sacar a la luz gracias a una financiación participativa (un crofandin de los de toda la vida, vamos 🙂 ).

Junto conmigo hay muchas otras marranas que han escrito e ilustrado y producido arte postpornografico para componer una pequeña joya que os dará que pensar, discutir… y follar como no habeis hecho nunca antes.

Faltan 10 dias para que la campaña se cierre, y todavia necesitamos patrocinadores y patrocinadoras que financien el libro por adelantado. Su confianza nos permitirá pagar la imprenta, y sin ella no habrá libro ni na…

obra de Mery Sut para Relatos Marranos

Relatos Marranos legará para calentarnos las Navidades, acompañarnos en las noches frias del invierno y encendernos dentro la primavera del sexo fuera de convenciones, costricciones, reglas y obligaciones.

Yo me muero de ganas de tenerlo entre las piernas!!!!!
(pardon, las manos, queria decir las manos)

** la spedizione in Italia non suppone un sovrapprezzo, e se ancora parlate poco lo spagnolo vi assicuro che questa sará una maniera eccellente di impararlo meglio 😉

cultura dello stupro – guida per il gentiluomo

quando abbiamo pensato di tradurre questo articolo – impresa portata a termine grazie all’indispensabile e sollecita collaborazione di Giulia Ranzini (caprette.org) e Daniela Finizio (nomerosso.blogspot.com) ancora non l’aveva fatto nessuna, ma tra il dire e il fare c’è stata di mezzo piú di una settimana e cosí non siamo le prime a pubblicarlo (in compenso la traduzione è integrale)

non è il testo perfetto – e probabilmente non rappresenta quella che è per noi la mascolinitá ideale – ma contiene parecchi stimoli interessanti e spunti di dibattito…
per questa ragione ha senso cercare di farlo girare il piú possibile e possibilmente farlo diventare argomento di conversazione

[la cultura dello stupro avvelena anche te – te ne sei accorto?]

nb: i link sono a siti americani e descrivono quel contesto (che con le dovute distinzioni è molto simile al nostro)

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Se sei un uomo, allora sei parte della cultura dello stupro. Sì lo so…suona male.
Questo naturalmente non vuol dire che sei uno stupratore. Ma che porti avanti le attitudini e i comportamenti cui comunemente ci si riferisce come cultura dello stupro.

Magari pensi “E basta, Zaron! Mica mi conosci! Figurati se ti lascio dire che sono una specie di fan dello stupro! Quello non sono sicuramente io.”
Ecco, so perfettamente come ci si sente. Ed è stata più o meno esattamente la mia risposta quando qualcuno mi ha detto che ero parte della cultura dello stupro. Suona davvero male. Eppure, immagina solo che cosa voglia dire muoversi per il mondo pensando che in qualsiasi momento potresti essere oggetto di violenza. Mi pare un po’ peggio! Insomma la cultura dello stupro è uno schifo per tutti. Ti invito però a non fissarti sulla terminologia. Non concentrarti sulle parole che ti offendono e non ignorare il problema che sta alla loro base – le parole “cultura dello stupro” non sono il problema. La realtà che descrivono è il problema.

Gli uomini sono i principali agenti e sostenitori della cultura dello stupro.
Certo, lo stupro non è solo commesso dagli uomini. Le donne non sono le uniche vittime — uomini usano violenza su uomini, donne usano violenza su uomini — ma la ragione per cui lo stupro è un problema degli uomini, IL nostro problema, è che gli uomini commettono il 99% delle violenze denunciate.

Quindi com’è che TU partecipi alla cultura dello stupro? Beh, odio dovertelo dire, ma è semplicemente perché sei un uomo.

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Trans Hack Feminist

transhackfeminist

Dal 4 all’11 agosto nell’ecolonia postcapitalista di Calafou si tiene il Trans Hack Feminist, un incontro transfemminista (organizzato insieme a etc) incentrato sull’utilizzo critico e la riappropriazione di tecnologie che investono campi d’intervento diversi che vanno dall’informatica alla ginecologia – da parte di soggetti storicamente esclusi dal discorso scientifico.

(versione in lingua inglese)

 

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Amor de verano di Lucy Sombra

amore estivo

all’improvviso arriva l’amore senza che una lo abbia chiamato. non bussa, non avvisa, ti prende quando non sei depilata, quando non hai cambiato le lenzuola, con il frigo vuoto. non c’è nemmeno il caffè… arriva un amore da sogno e a distanza e torni a mettere in pratica tutte queste vecchie strategie di amore da lontano, solo che adesso, adesso sí, abbiamo ogni volta piú tecnologia, e nemmeno l’abbiamo usata tutta, e ancora ci rimane molto da sperimentare, cominciando, chiaramente, per incontrarsi corpo a corpo, sbattere le ossa, sudare la carne, succhiare i pori insaziabilmente per qualche giorno senza tregua, incoscientemente, senza casco né uniforme, senza fucile. arriva l’amore giusto quando eravamo cyborg (proletari della stessa classe), e tutta la nostra cibernetica dormiva nel nostro letto, e sognavamo twitter, skype, messaggi di testo, e il nostro amore si rappresentava cosí, cosí banalmente e semplicemente come un’applicazione incastrata in un apparato piú piccolo della mano. e perchè non l’avevamo fatto prima? e perchè non avevamo profanato i castelli della tristezza? perchè non avevamo fatto meditazioni simultanee in faccia al sole? semplicemente perchè l’anno passato è stato una merda, senza relativismi, senz’ombra di dubbio. allora, in questo stato minore, di sentimento incontrollable ed emozione contra-collerica regredisce il danno, lentamente, cade come pelle morta, sorgono nuovi scavi, siti archeologici persi per la forza della sconfitta e comincia il recupero del corpo, soprattutto delle macchie che contiene. cicatrici che adesso sembrano belle, quando la mia lingua le gratta come se si alimentasse di croste, quando mi insegni ad amare la mia traspirazione e l’amore è un tema di riferimento. tutto si vede bello da qui, e questa fragilitá è la cosa piú bella. perchè non abbiamo paura.

originale qui, traduzione e adattamento della vostra slave

essere uomo in un mondo di maschi

(ho ricevuto questo contributo da uno dei partecipanti al laboratorio sulle nuove mascolinitá della Ladyfest. pensavo di editarlo e tagliare delle parti per renderlo piú leggero e *fruibile* ma alla fine ho deciso di rispettare lunghezza, quantitá e densitá di questa autonarrazione coraggiosa e piena di spunti.
grazie a Dario, l’autore di questo testo, e grazie ancora a tutti i partecipanti)

discordant23.tumblr.com

A Milano lo scorso fine settimana si è svolto a Zam la LadyFest, una tregiorni di performance, spettacoli, laboratori, concerti dedicati al femminismo, al mondo queer e trans. Partecipando al laboratorio di Slavina sui micromaschilismi mi è stata posta una domanda alla quale non ho risposto, ma sulla quale ho riflettuto molto, anche nei giorni successivi. La domanda era: “Quando ti sei accordo di essere maschio e di poter godere di alcuni privilegi rispetto alle donne”?
Non ho risposto perché non lo ricordo. Non ricordo quando presi per la prima volta coscienza di essere maschio, né quando mi resi conto avere dei privilegi. Come del resto non ricordo gran parte dell’infanzia. Non saprei dire chi a casa, finito di mangiare, si alzava e sparecchiava. Non ho memoria dei pranzi, né delle cene. Sono sicurissimo che fosse mia madre, ma se mi viene chiesta un’immagine precisa, un dettaglio di quell’atto, non so rispondere.
Non ricordo, o forse semplicemente mi impedisco di rievocare molte cose, forse troppe.
Altre invece me le ho ben chiare. Le ho tirate fuori, piano piano. Lavorando su di me, sulle mie paure, sui miei comportamenti, sui miei tanti errori. Ma le ho tirare fuori.
Non mi ero mai fermato a rintracciare nella memoria il momento in cui ho scoperto i privilegi dell’essere un ‘maschietto’ in una società sessista. Di certo ho ben chiaro, episodio dopo episodio, quanto fu crudele l’impatto avuto nel capire di appartenere ad un genere, quello maschile, responsabile di tanta violenza che esplodeva in mille modi differenti verso chi a non apparteneva al suo mondo, verso i ‘non omologati’, verso chi rifiutava lo status di maschio.

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Passare, che complicato…

traduzione dell’articolo Pasar, ¡qué complicado! di Pol Galofre Molero per Pikara
>>>>>>>> gracias a ambas 😉

 

premesse terminologiche:
– l’utilizzo del verbo passare in questo testo ha a che fare con il concetto di passing. nell’ambito semantico del gender, chiamiamo passing la capacitá di “passare per”, ovvero di sembrare a prima vista appartenenti al genere di destinazione dopo una transizione, ovvero il passaggio dal genere femminile al maschile e viceversa.
– con il termine cis l’autore si riferisce invece a cisgender, termine che definisce una persona che si trova a suo agio e vive in maniera conforme al genere assegnatogli alla nascita (termine che si contrappone a transgender).
– per butch si intende la donna che non corrisponde ai codici della femminilitá mainstream ed ha un’apparenza identificabile come mascolina

Ecco fatto. Ci son riuscito. Passo. In che senso passo? Passo per un ragazzo. Che concetto orribile. Non era che “sono un ragazzo”? Peró che ragazzo? Non saró mai un ragazzo cis, sono un ragazzo trans. E mi piace, non lo cambierei, è come mi sento meglio. Peró adesso passo. Passo per un ragazzo cis con tutto ció che questo implica.

Mr Patriarcado

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