un’atterraggio lungo

(opera giovanile della mitica Nicoz Balboa)

é stata dura, ma finalmente sono riuscita a rimettere i piedi per terra.

sono tornata dai giri italici che ero l’ombra di me stessa.
e sono rimasta muta e catatonica durante quasi una settimana.

i primi giorni m’ero risolta con il giardinaggio, essendo incapace non solo di scrivere ma anche di restare concentrata nella lettura per piú di tre minuti. la casa era (c’é bisogno di specificarlo?) abbastanza sporca, regolarmente disordinata e ornata di dolmen di panni puliti da piegare qua e lá – ma io preferivo accanirmi sulle erbacce, pacciamare l’orto, ripiantare l’aloe che da un anno aspettava nel vaso e aveva figliato come una amish, accarezzare i pomodori, convincere la bieda che non é un baobab e insomma, fare queste cose che facciamo noi neorurali beginners.

poi sono arrivati i monsoni e per due giorni piogge ininterrotte. chiusa in casa senza internet (squottiamo la linea di un vicino e quando piove il wifi ci abbandona), angustiata dalla quantitá di roba da mettere a posto, per 48 ore non ho fatto altro che mangiare e pensare Oddio oddio, sto per andare in depressione…

((nella prima depressione della mia vita scivolai col botto a 29 anni, quando dopo aver sbagliato durante un lustro quasi tutto il possibile finalmente mi stavo riprendendo e facendo le cose in cui credevo e ricostruendomi – e sbem, a un certo punto smetto di fare tutto, non ho piú la forza, se mi alzo dal letto é per arrivare al divano e non lavo manco i piatti… beh prima di quel clamoroso scivolone avevo sempre pensato che la depressione fosse una malattia da ricchi. eh cazzo, sennó una stava male per delle cause concrete (tra le schizofrenie del mio essere moltitudine c’é anche la parte ottusamente ml…))

m’aveva fatto ridere la mia amica Alessandra, che da un po’ segue le mie peripezie e aveva partecipato a un pezzetto del laboratorio torinese e organizzato quello di Roma, parlandomi del punto di burn out a cui m’avvicinavano queste mie esperienze, se non distanziate nel tempo e gestite intelligentemente. io avevo fatto un po’ la vaga (ma che é sto burn out?), ma quando ne avevamo parlato giá accusavo una certa fatica (e relativo imbarazzo: per la prima volta in 18 anni a Palermo ero riuscita a perdere l’aereo del ritorno, che voi direte evabbé, ma per una che ultimamente gira come una trottola e vive sulla lama di una precarietá economica a tratti drammatica v’assicuro che é stata una vera tragedia)

comunque la pioggia sembra finita, mi pare anche di aver ripreso il controllo e presto vi racconteró dettagliatamente le belle avventure che mi sono capitate negli ultimi tempi.
ho conosciuto persone meravigliose (e tra gli elementi di stress mentale c’é anche quello di ricordarle tutte e rispettarle tutte e non abbandonarle, anche se sono e magari rimarranno lontane, almeno per un po’) e sono nel bel mezzo di un percorso che mi sta portando dove volevo arrivare.
e pure se sono un po’ stanca, questa carretta la tiro ancora con grande piacere.

3 thoughts on “un’atterraggio lungo”

  1. slavina,
    tieni duro che fai cose belle che rendono felici tutt* noi. A noi ci hai lasciato un bel pornoentusiasmo a cui cerchiamo di dare forma, ti terremo aggiornata!!
    (la tua maglietta blu si gode alla grande torino e le tue mutande sono da parte per la prossima volta che ci torni a trovare, volevo proporre di appenderle al chiodo al centro studi ma forse è un po’ troppo presto per questo tipo di colonizzazione postporno…)
    :*

  2. bella peppina, BrunOut IS A WAY OF LIFE ! <3
    (oddio ma che hai tirato fuori? ma lo sai che le mie opere"giovanili" mi mancano un po'? più grezze ma più vere mi sa. cazzo nn bastavano gli illustratori di flickR a mandarmi in crisi! ora mi mando in crisi da sola con i lavori vecchi…tipo viaggio nel tempo. chennervi)
    🙂

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