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Politica spazzatura e prostituzione (di Bea Espejo)


dice il cartello (visto qui)
Preferisco vendere il mio culo ad un cliente piuttosto che la mia anima a una multinazionale

Ad agosto scatta, per le strade di Barcellona, il divieto totale di esercitare la prostituzione – o meglio l’adescamento in strada, pena salate sanzioni pecuniarie.
É l’ultimo colpo di coda di una disgraziata legge sul civismo che dal 2006 ha provato a ripulire le strade della cittá catalana – cacciando venditori ambulanti e lavoratrici del sesso, perseguitando skaters e graffitisti, rendendo difficile quando non impossibile la vita di strada e il divertimento low-cost.
In definitiva, preparando la cittá al suo presente di non-luogo votato all’euro-turismo piú becero.

In questo scritto di Bea Espejo (autrice di Manifiesto Puta) sono evidenziate alcune delle contraddizioni della condanna dei poteri pubblici (e anche di certo femminismo) al commercio sessuale. Grazie a Itziar Ziga che l’ha per prima pubblicato nel suo blog e a Lalli che mi ha aiutata a tradurlo.

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