cominciamo con un coming out.
invecchiando, torna a piacermi moltissimo l’hip hop.
dopo la grande onda delle posse degli anni ’90 devo ammettere che il genere aveva smesso di darmi emozioni particolari. ultimamente invece sono caduta nel vortice di un’insana passione per il sivigliano Tote King e pure agli ultimi Oxcars mi sono sorpresa a dondolare con la mano sul pacco con gli At Versaris – come Tote King boni e politicamente sostenibili.
Unfortunately I’m coming from the country of Bunga bunga, dove i rapper piú alla moda sono dei rincoglioniti pseudogangsta e un tale Fabri Fibra di cui non so nulla ma mi accontento di quello che mi racconta Betty Moore. praticamente sconosciuto ai piú é invece un bel progetto cyberpunk Artificial Kid a cui partecipa anche uno di questi fantastici pischelli aquilani (li ho visti in azione al Ladyfest L’aquila, dove ruleggiava Mary, una ragazzetta MC che m’ha fatto venire le lacrime agli occhi e che nel video non c’é (ma la potete vedere qui).
detto ció e ponderato oltre, in questa notte prefestiva mi tolgo un sassolino – che dico, una bella breccola – dalla scarpa.
comincio col dire che Eminem non m’é mai dispiaciuto. mi sono bevuta con gioia la cazzata del wigger rachitico e povero che con le sue rime se faceva al sugo i negroni cattivi, che aveva una madre malefica ed esprimeva il suo disagio decolorandosi selvaggiamente i capelli. il ritornello di Slim shady e quel video geniale ancora mi fanno sorridere, se ci penso.
l’ultima hit dell’ex decolorato invece mi fa incazzare veramente di brutto.
mi fa incazzare il testo e mi fa incazzare ancora di piú il video. mi fanno incazzare le migliaia di donne che lo pompano su Facebook. mi fa incazzare Rihanna, che vista la sua storia personale di stecche in faccia da parte del fidanzato, inneggia al modo in cui *le fa male*.
sará che sono stata vittima, per anni, di questa idea balorda dell’amore.
sará che ora rimpiango amaramente uno per uno quelle centinaia di migliaia di minuti che ho passato piangendo, discutendo, litigando, strattonando, insultando, scopando per rabbia e con quel senso di mancanza che ti danno le storie che NON FUNZIONANO.
perché il succo é quello: se sei Megan Fox e ti raccatti un nano pelato il cui hobby principale é fracassarsi di whisky, é quasi sicuro che la storia non funziona.
se lui ti dice cazzate o tu gli dici cazzate, vuol dire che non funziona.
se soffri, se ti manca l’aria, se non ti fidi, se te rode sempre er culo, se piangi di frustrazione due giorni sí e uno no sono inutili le canzonette e i videi post grunge: é che non funziona.
e questo inno all’autodistruzione amorosa mi tocca tanto nel profondo che non riesco ad argomentare meglio di cosí – io davvero non ci trovo nessuna poesia, nessun glamour, nessun fottuto senso.
se due (o piú) persone stanno insieme é per essere felici.
sennó non ha senso ed é meglio stare ognuno per conto suo. è cosí semplice ma cosí difficile da capire quando si é vittime di tanta cattiva letteratura – o piú in senso lato, cultura pop – come quella che propaganda Love the way you lie.
menomale che non sono la sola a pensarne male – e c’é qualcuno che lo sa dire in maniera piú divertente della mia
Love the way you lie Parody
Io adoro Dargen D’Amico, secondo me il miglior rapper italiano in questo momento.
io li lovvavo qualche tempo fa, poi devo ammettere che li ho persi un po’ di vista.
mo mi sento l’ultimo, yo!
(il neurone ringrazia)
E gli Uochi Toki? Per dirlo alla Betty Moore, io li “lovvo”!