cosleeping memories


con il mio solito ingualcibile ottimismo, quando e’ nata Antonia sul blog avevo inaugurato la categoria BREEDING (in inglese allevare, di animali o simili) per cercare di dare qualche dritta agli speranzosi debosciati alle prime armi nella grande guerra della genitorialita’. loro lo fanno abbastanza regolarmente, lei e’ il mio guru, io non ci sono riuscita affatto.


un po’ per la costante paura di sbagliare, dando un affrettato giudizio ottimistico a questioni che potro’ giudicare appieno solo tra una quindicina d’anni (quando mia figlia potra’ mandarmi affanculo in tre lingue e diventare dell’Opus dei), un po’ perche’ penso che sia dannatamente vera la frase fatta piu’ ridondante che il mio compagno ama ripetere a nastro con chiunque parli di regazzini e affini: ogni bambino e’ un mondo a se’.


quindi le chiacchiere stanno a zero e i consigli non sono mai pochi ne’ troppi. il BREEDING e’ una scienza empirica, fatta di tentativi e riaggiustamenti, di pediatri che non capiscono un cazzo e umiliano la tua sensibilita’ e a volte pure la tua intelligenza, di libri che quando li leggi ti sembra di aver capito tutto – ma un bambino mica e’ programmabile, quindi il fucking manual a volte te lo puoi piu’ che altro dare in faccia – cosi’ vediamo se almeno lo fai ridere e la smette di urlare disperato…


detto cio’ e ponderato oltre, e’ passato ormai quasi un anno e su alcune cose posso dissertare da madre allegramente consumata.


per esempio a questo punto, dopo quasi un anno di esperienza, vi posso parlare benissimo del cosleeping (in spagnolo colecho, in italiano sara’ co-letto ma chi lo sa), ossia la pratica di condividere il letto con il proprio pargolo. e’ un’usanza che ora e’ un po’ di moda ma che comunque continua a non riscuotere molte simpatie tra gli esperti del settore. 

cosleep o colecho


 


gia’ mentre ero incinta avevo cominciato ad informarmi e avevo sposato senz’ombra di dubbi la teoria dell’esogestazione, che reclama per il neonato un contatto fisico intenso e significativo con i genitori, almeno per i primi nove mesi fuori dell’utero. e allora via libera alle fricchettonissime ma indispensabili sling (fasce portabebe’) e soprattutto pronti a condividere il calore del lettone con una creatura piccolissima e fragile.


una delle prime logiche obiezioni che vi porra’ qualsiasi diffidente del cosleeping e’ proprio questa, ossia la pericolosita’ per una micropersona di trovarsi schiacciata tra due adulti belli grossi. il letto familiare e’ in effetti sconsigliato alle persone obese.
per noi la paura di far del male ad Antonia nel sonno fu uno dei piu’ frequenti argomenti di lite durante il primo puerperio: il papito ha il sonno pesante e, pur essendo da sveglio una persona estremamente tranquilla e pacifica, se risvegliato bruscamente tende ad incazzarsi come una bestia. e questo accadeva puntualmente tutte le volte che, sospinto dall’amore, si avvicinava troppo al nucleo duro Slavina-bambina.


nucleo duro perche’ per i primi tre mesi io e Antonia dormivamo praticamente appiccicate, o meglio ella si accomodava sotto la mia ascella come da foto – avendo generalmente libero accesso alla tetta.
in realta’ questa del letto familiare non era stata nemmeno tanto una scelta: ogni tentativo di smollarla nella sua culla o addormentarla in un altro modo si era rivelato infruttuoso e frustrante.


non potevamo sopportare per piu’ di due minuti di vederla piangere e disperarsi sparando lacrime nell’aria come un cartone animato; le si disegnava in faccia una x come a Cartman di South Park e sebbene cio’ fosse irresistibilmente comico non ci sembrava ammissibile che soffrisse cosi’ tanto (mentre noi sghignazzavamo, per giunta).

cartman incazzato


lo scenario notturno dei nostri primi mesi prevedeva: la madre agganciata alla figlia e costretta a letto per almeno 9 ore tutte le notti (avevo il problema inverso di tutte le neomadri: a un certo punto non ne potevo piu’ di dormire!); la figlia che ogni tanto si svegliava, cercava la tetta nel buio e si serviva da sola; il padre che a una cert’ora scivolava sopra alla figlia, veniva rimbalzato via, si svegliava e s’incazzava.


nei testi sacri del cosleeping si dice che i genitori hanno una sensibilita’ speciale che evita che schiaccino i loro stessi pargoli. nel nostro caso, Antonia aveva sviluppato una specie di allarme: se qualcuno dei due cominciava a schiacciarla, rimanendo addormentata cominciava ad emettere un grugnito fastidiosissimo. allora automaticamente io mi svegliavo e spintonavo via il papito.


fino al sesto mese andammo avanti cosi’ – il padre che s’incazzava e a volte se ne andava, io con la smania (femminista) di riprendermi la notte. passato il sesto mese successe qualcosa di rivoluzionario. una notte Antonia, stanca di tanto succhiare, si giro’ dall’altra parte e continuo’ a dormire come se niente fosse. e cosi’ la madre quatta quatta si alzo’ e ando’ a pomiciare con il padre, che gia’ da qualche tempo si era autoesiliato sul divano causa mancanza di spazio nel letto familiare (che e’ a una piazza e mezza e non ci si entra in tre).


fu l’inizio del cammino verso l’indipendenza notturna.
ogni notte in cui avevo voglia di stare sveglia la addormentavo e poi io mi rialzavo.
l’unico inconveniente era che, da quando comincio’ a muoversi da sola e a rotolare, dovevo stare attentissima ad ogni rumore e richiamo che provenisse dalla stanza, pena il ruzzolone a terra con capocciata – ora ci scherzo, ma vi assicuro che quella del ruzzolone, finora e’ stata la mia notte peggiore as a mother.


 


nelle ultime settimane pero’ devo ammettere che davvero non ne potevo piu’ e mi ero convinta che non facesse piu’ tanto bene nemmeno alla bambina condividere il letto con me. dormendo a contatto con la tetta, ad ogni risveglio pretendeva dare una ciucciatina e finiva che, visto che di tetta sta ancora abbastanza a rota, si svegliava 4/5 volte per notte. e io con lei. risultato: un mal di schiena che mi rendeva molto antipatica al risveglio e piu’ svogliata del solito durante il giorno. ma soprattutto, il dubbio che mi attanagliava era quello di AVER SBAGLIATO TUTTO.


gia’ a 10 mesi infatti mi sembrava che fosse giunto il tempo di metterla nel suo letto, ma visto che stavamo facendo l’inserimento al nido – primo evento traumatico di distacco – e le operatrici ci avevano detto che facendola addormentare nel lettone le avevamo dato una bruttissssima abitudine, che non l’avevamo aiutata ad essere indipendente e che quando l’avremmo sloggiata avrebbe pianto tantissimo abbiamo preferito aspettare.


la maggior parte delle persone (a parte un paio di friccabbestia che consigliavano di tenerla nel letto fino a che voleva lei) quando gli parlavamo della nostra situazione ci dicevano che ormai l’avevamo viziata e ci prospettavano scenari apocalittici di dolore e conflitti vicinali a causa del pianto a notte fonda.


Antonia invece, alla faccia loro e delle specialiste dell’educazione, ha pianto pochissimo sia per il nido, sia quando, una settimana fa, l’ho messa a dormire per la prima volta nel suo lettino da campeggio da bambina quasi grande.
ero pronta per il dolore piu’ infame (sentir piangere una figlia e’ un dolore che non si puo’ descrivere, considerato che io poi mi sento male anche a sentir piangere un frichino qualsiasi…) ma in 20 minuti e’ passato tutto.


e ogni notte e’ un po’ piu’ facile: mia figlia da allora dorme almeno fino alle 6, alla faccia del vizio, del metodo Estivil e delle specialiste dell’educazione.


 


riassumendo, je ne regrette rien, lucky me.


in questi 11 mesi ho buttato al secchio la mia vita sociale notturna e ho sopportato un mal di schiena della madonna per dormire vicino alla mia bambina.


perche’ volevo darle sicurezza, facendo in modo che identificasse la notte con l’abbraccio caldo della mamma che ti coccola fino al risveglio.


perche’ della notte non avesse paura e perche’ la solitudine nel letto non fosse l’archetipo colpevole di situazioni sgradevoli nella maturita’.


 


e poi, sapete che? che il suo respiro vicino, il suo odore soave, la sua bocca che mi cercava e la soddisfazione dipinta sul suo viso quando trovava la tetta sono sensazioni ineguagliabili che solo a ripensarci piango dalla tenerezza. io l’ho fatto per lei ma l’ho fatto anche per me, perche’ quando me l’hanno portata che era appena nata e’ stata la prima cosa che ho pensato: la voglio qui, vicina.


 


per cui amiche e amici, se v’aregge la pompa praticatelo sto cospleeping. non e’ detto che vada bene sempre e per tutti, bisogna un po’ crederci… con un po’ di sensibilita’ e di attenzione, cercando di capire e rispettare i tempi della vostra creatura.


in fondo, educare un figlio non e’ mica una cosa facile, ao’.


 


 


a proposito, per evitare crisi matrimoniali e’ meglio avere un letto bello grosso o procurarsi una culla sidecar tipo questa     
culla sidecar

7 thoughts on “cosleeping memories”

  1. Con Valeria ha funzionato, dormivamo vicine vicine, io mi spostavo e lei si appiccicava, io mi spostavo e lei si appiccicava. Con Marcello manco per il cazzo. Se lo mettevamo nel lettone, si aprivano le danze. Lui ESIGEVA, ed esige, di star libero la notte. Anche se io ogni tanto ci provo ancora (a un anno del pargolo) a schiaffarmi sul divano con lui quando non sta bene. A me piace tanto, a lui un po’ meno, mi prende a pugni e a testate.
    Invece durante il giorno mi sta azzeccato come una cozza allo scoglio. Che non se ne può più 🙂
    Antonia è un nome bellissimo.

  2. …tra l’altro cosi’ si evita il rischio di pensare di lanciare fuori il bambino dalla finestra dopo aver passato per mesi le notti impiedi (specie se il bimbo non vuol stare in braccio al papa’…)…mia madre dice che ho davvero rischiato…!

    ugo

  3. Che altro dire…
    Pare che tu/voi ce l’abbiate fatta a 11 mesi.

    Noi siamo a quasi 16 e tetta+letto sono ancora presenti.
    Sara’ forse perche’ non andiamo ancora al Nido?
    Il suo lettino e’ attaccato al nostro, senza sbarra, ma preferisce continuare a dormire in mezzo a noi: il papa’ manco lo sente!

    Spero che si abitui presto!!

  4. io credo che nel breeding bisogna trovare un dinamico equilibrio tra quello che e’ bene per il nostro bambino e i cazzi nostri, visto che nessuno ha la formula perfetta – a parte Estivill.
    fai quello che senti, cercando di fare del tuo meglio. non riesco a dirti nulla di piu’ originale ma alla fine credo che buonsenso + istinto sono alleati fedeli (piu’ di google)

  5. accidenti davvero lo hai scritto stanotte? sembra fatto per me…infatti cercavo tetta vizio notte su google e sono capitata qui..che dire..sono nella fase sei mesi sveglia per tetta ogni ora, mal di schiena e terribile sensazione di stare sbagliando tutto!!! anche perche’ lo so benissimo che lo tengo con me 1) perche’ mi piace 2) perche’ e’ piu’ comodo 3) perche’ l’idea di passare anche solo cinque notti in piedi per coccolarlo e “riporlo” nel suo lettino mi sta sulle cosiddette….e allora dico: ma insomma, forse invece di pensare ai cazzi miei dovro’ educarlo, no? forse essere genitori infine significa anche dire no..forse non e’ bellissimo che gli dico: basta tetta, poi lui piange e io penso: ok, non sopporto qeste lacrime e zac..ecco la tetta..CHE NE SO IO COME SI FA!!!

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