(é l’invito che avrei messo su venerdí stesso, se Noblogs non mi fosse cascato sul piú bello – cioé quando finalmente era pronto, ovviamente appena una decina d’ore prima dello show…)
quella che segue é invece una spiegazione riflessiva stimolatami dalla domanda (un tantino aggressiva ma in fondo pertinente):
Che me rappresentano quattro pischelle che se mettono le mani in fica?
Cuerpos lesbianos è un progetto di ricerca multimediale collettiva che ha come obiettivo la visibilizzazione della sessualitá lesbica non normativa.
Si basa in Praxis (Prassi), momenti performativi nei quali gruppi variabili di donne sperimentano, rappresentano e documentano in luoghi piú o meno pubblici e attraversabili esperienze di contatto sessuale, di ricerca del piacere e di manifestazione della loro alteritá rispetto al modello di femminilitá mainstream.
Le prassi mantengono un rapporto di interscambio fluido con la Teoria (queer): non sono chiuse e definitorie, ma attraverso di esse, dell’intreccio tra vissuto e rappresentazione e delle rielaborazioni conseguenti possiamo investigare alcune dinamiche legate all’immaginario erotico, alla sessualitá e al sesso, alle politiche del corpo.
Le prassi sono happening dei quali sono tracciate delle linee d’azione generale, dei principi e degli obiettivi, ma quello che poi realmente succede in esse è basato sull’immediatezza dell’interazione tra le partecipanti – che a volte si conoscono molto, a volte meno ma che comunque attraverso questa esperienza costruiscono e decostruiscono le loro relazioni. Come dice Esperanza Moreno, responsabile e coordinatrice del progetto Cuerpos Lesbianos, “nell’esperienza postpornografica l’affettivitá, se non è previa, è conseguente”.
Perché lavorare nello specifico sulla sessualitá tra donne? [domanda che ne nasconde un’altra: non vi sentite di essere escludenti? Lo spauracchio del separatismo, lo sappiamo bene, is still alive and kicking, ma quello che ho capito io é che non bisogna dare per scontato niente e che spiegando(si) ci capiamo meglio anche noi stesse…]
Come assunto a priori c’é uno dei principi basilari della teoria e pratica femminista, il partire da sé, che giá in quanto bio-donne ci spinge a trovare un campo di intervento privilegiato nella ricerca sui nostri propri corpi e sulle nostre proprie pratiche.
D’altra parte scegliamo questo settore specifico perché consideriamo la rappresentazione della sessualitá lesbica come uno degli assi portanti dell’eteronorma, immaginario del dominio eterosessuale che assegna alla donna qualitá di oggetto e non mai di soggetto capace di desiderare, determinare ed avere il controllo del suo piacere. Storicamente la pornografia ha rappresentato il sesso tra donne a misura del desiderio e dell’occhio maschile, facendone un ritratto deviato e irreale, lontano molto spesso dalle dinamiche che caratterizzano la sessualitá lesbica.
Per questo abbiamo deciso di prendere la scena e la parola, mettendo in prima linea i nostri corpi: vogliamo bombardare una serie di stereotipi legati alla sessualitá, che grazie ad una lettura biopolitica riconosciamo come veri e propri dispositivi di controllo e dominio sui corpi. Attraverso i nostri corpi vogliamo mettere in discussione il sistema che ci opprime come donne, uomini e favolositá, per liberarci tutte e tutti.
Io credo nella potenza rivoluzionaria della proposta della contrasessualitá: quando parliamo di politiche del corpo non basta piú il concetto di resistenza, bisogna controprodurre, creare nuovi immaginari, rappresentare altre pratiche, altre ritmiche e altre temperature; nominare quello che finora non ha avuto nome, correre il rischio di incontrare pure lo schifo, il ridicolo, il dolore e un sacco di altre cose che sono tangenti al sesso ma che vivendo agganciati ai binari di una tranquilla normalitá sono al massimo incidenti di percorso e non epifanie di senso, aperture di nuovi orizzonti, linee di fuga che disegnano prospettive inedite – che sono esattamente quello che noi andiamo cercando.
Sfondando la superficie liscia dell’arte, attraverso l’happening di Cuerpos Lesbianos #9 il tentativo era di giocare con nuovi (per qualcunx pure giá vecchi, sicuramente) immaginari, contenuti e pratiche – nei quali si potessero riconoscere tutte quelle persone che non si ritrovano nelle rappresentazioni mainstream… e perché no anche molestare chi invece sta comodx nelle codificazioni binarie correnti.
Accanto a queste linee guida e a un’idea di massima delle scenificazioni che volevamo mettere in atto (4 quadri legati ognuno a un testo), c’erano una serie di sottosignificati e retroscena.
I testi erano:
– La casa delle vergini (di Slavina, ancora inedito perché aspetto L’Editore, che non si faccia esplodere sotto a un pilone della luce a sto giro ma che mi renda miliardaria col nome di Slavina P. – scherzi a parte vorrei usarlo su pornosotrx che langue, per questo non voglio ancora pubblicarlo) – parla della mia prima volta con una tipa e dei dubbi e delle insicurezze del mio primo esperimento di sesso lesbico (surviving Fantozzi);
– un testo di Beatriz Preciado tradotto e riadattato da Testo Yonki (lo pubblico sul blog quando e se la divina Beto mi da il suo consenso… [come per quello di cui sopra se morite dalla voglia di averlo ve li passo in privato]); il testo é sull’ampiezza del potere del dildo;
– Stella Polare (di Nikky aka Jemma Temp) sulle dinamiche di dominio e sottomissione, che lo potete leggere qui;
– il capitolo finale di El cuerpo lesbiano di Monique Witting (versione in spagnolo che non credo proprio sia quella originale), dove vengono elencate tutte le parti del corpo lesbico.
La maggioranza di noi non aveva nessuna esperienza di sesso in pubblico, men che meno su un palcoscenico dove fosse cosí netta la separazione azione/pubblico.
Non abbiamo fatto *le prove*, cosa che nelle ore precedenti l’happening mi dava un po’ di panico ma che alla fine sono riuscita ad accettare nel fluire delle cose.
Non ero mai stata nuda davanti a cosí tanta gente (le spiagge nudiste non sono cosí tanto affollate) e farlo propio al Forte era una specie di rivincita: la prima volta che mi ero spogliata nuda lá dentro – sperimentando per Eliogabalo, un’esperienza multisensoriale di un Off d’inizio secolo – il mio fidanzato di allora m’aveva insultato, aggredito e accannato, e io avevo pianto moltissimo (in quell’epoca, me l’ha ricordato recentemente un’amico, piagnevo abitualmente moltissimo).
Invece durante Cuerpos lesbianos ho riso un sacco. Un po’ perché quando faccio l’amore, se sto bene, mi viene da ridere – il riso poi è desacralizzante e comunque speravo di riuscirlo a inserire come elemento della rappresentazione… e un po’ ridevo pure per l’imbarazzo, perché saró pure una svergognata con la patente, ma comunque non è facilissimo stare a gambe aperte davanti a una piccola moltitudine che ti guarda mentre la tua migliore amica cerca di farti un fisting e oltretutto sei al primo giorno di mestruazioni…
E a proposito di migliori e di amiche, vanno qui i ringraziamenti:
a Esperanza Moreno, per essere quella che è, per averci ispirato tanto e per essersi fidata
a Etta Place, perché nei suoi silenzi c’è un mondo tutto da scoprire (giá lo sapevo ma certe conferme so belle)
a Nikky, Jemma Temp, o come la chiamo io Valé, per il suo contributo sempre decisivo, per aver gestito la delirante parte tecnica e per essere maestra, sorella, amica, colonna (dildo?) su cui poter contare
(e perché quando è finita l’epoca dei pianti e piagnistei di cui sopra ed ero letteralmente a pezzi m’ha messo in mano la colla e m’ha detto raccattate da per terra e ricomponiti che abbiamo un sacco di cose da fare – per questo non la ringrazieró mai abbastanza, visto pure che quelle *cose* sono diventate la mia vita ed è bellissimo poterle fare ancora qualche volta insieme, anche se viviamo lontane)
al dottor Stranokatso, che ci ha accompagnato al sax e la cui faccia mentre guardava quello che succedeva sul palco era (detto da chi lo vedeva) una performance nella performance
a Mp5 che ha creduto da subito nel progetto, a Valerio Sciatto che pure l’ha supportato, a Crack tutto che si è fatto attraversare
alla claque ladyfestosa che stava in prima fila e che ci ha rimandato un’energia bellissima e ci ha fatto sentire protette
alla compagna che s’è incazzata perché nella folla qualcuno commentava ma come se permettono, che so pure brutte e grazie a questo ha capito che senso aveva che mostrassimo i nostri corpi senza vergogna (o combattendo con la vergogna)
a chi ha avuto il coraggio di criticarci, argomentando o dicendo semplicemente allora io la prossima volta me tiro una sega davanti a tutti (e qui ripeto che se lo fai, amico dj, prendo un aereo da Barcellona solo per venirti a vedere e magari pure applaudirti – e se lo fate tutti in circolo in piazza d’armi ve faccio le riprese e diventa un’opera d’arte di Slavina Abramovic e andiamo alla Biennale)
e infine, a chi avrá la bontá di raccontarci che cosa se ne dice nei corridoi, perché ci sará di che ghignare e vorremmo farlo pure noi, perché l’autoironia non ci manca, anche se le cose che facciamo le prendiamo molto sul serio.
(la foto é dell’amica riccia di Stranokatso, grazie anche a lei)
e grazie pure a Patri, che non l’ho detto in quel momento perché l’avevo sentita nominare maldestramente giá troppo, ma era lí con noi. c’é sempre come ricordo luminoso e dolore appuntito (che io proprio al Forte l’avrei voluta portare), c’é nell’aria fresca, c’é dovunque sento amore, pure se non c’é piú.
Grazie mille bella!
Fue maravillosamente intenso, a pesar de los contratiempos, las improvisaciones, el cansancio o los malentendidos. En realidad, es por todo eso por lo que fue maravilloso. Estoy muy muy muy agradecida a ti y tus esfuerzos porque todo saliera bien, gracias por cuidarme tanto y no dejarme sola ni un momento, gracias por la paciencia y por empujarme a perder el imbarazzo, tanto con el italiano como con la gente, la otra Roma, el escenario y el micrófono. Gracias por todas las personas que me presentaste (una media de 20 al día??), gracias gracias gracias gracias… Espero trabajar este fin de semana en mi crónica y subirla pronto a la web.
Bonita…!!
PD. El texto original de la Wittig se llama “Le corps lesbien”, y está escrito en francés, en 1971.