le parole che abbiamo osato dire

lo scorso 12 dicembre sono stata ospite di uno dei Mercolady che riscaldano l’inverno di Bologna (grazie alla cura e al genio di Betty&books e Made in Woman). alle mie sorelle di sempre avevo proposto di sperimentare un nuovo formato, quello del laboratorio di scrittura erotica.
i risultati (alcuni dei quali avrete la fortuna di leggere in questo post) sono stati – a mio modo di vedere – sorprendentemente buoni.


mi ha sorpresa la qualitá dei materiali frutto di questo momento di incontro. mi ha stupita la disponibilitá a lasciarsi andare e la capacitá di giocare delle persone partecipanti. mi ha commossa la densitá delle emozioni che ho sentito circolare libere.

eravamo piú di una dozzina a superare il confine del pudore attraversando la vergogna e la paura.
abbiamo parlato, scritto, ascoltato, letto.
abbiamo trovato insieme il coraggio di metterci in gioco ed è stato tutto bello e molto intenso.

 

uno dei giochi proposti partiva da un’immagine, quella che vedete qua sotto (che ho trovato grazie alla mia recente passione per tumblr – piattaforma nella quale curo lo spazio de Le ragazze del porno).
visto il mio livello di disorganizzazione patologica peró, nel momento in cui proponevo l’esercizio… la foto non c’era.
da sempre scommetto sul paradosso della pornografia senza immagini, quindi non mi sono persa d’animo e ho descritto la foto per sommi capi, invitando le persone partecipanti a inventare un microracconto erotico che avesse a che fare con una donna mezza spogliata, discinta, scartata come una caramella, della quale non vedevamo il viso. poteva essere allegra, triste, alla fine o all’inizio di una storia.

e soprattutto ogni scrivente poteva scegliere un punto di vista dal quale raccontare: ci si poteva immedesimare nella donna, nella persona con la quale si era incontrata o con un osservatore piú o meno partecipante…

fine della giá troppo lunga introduzione – adesso godetene come ne ho goduto io.

Tanabata ha scritto:

Mi offrì da bere. Accettai. Aveva un sorriso idiota, era brutto e vecchio.

Mi fece un cenno, di nuovo quel sorriso idiota, mi fece cenno di seguirlo.
Lo seguii, mi faceva schifo e lo seguii.

In quel cesso squallido, un banale clichè, mi alzò la gonna, mi tirò giù le mutande, me lo mise dentro. Ansimava e sudava, mi faceva schifo.

Mi lasciò lì, di nuovo quel sorriso idiota.

Mi sentivo una puttana e mi piaceva.

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Cristina Velez ha scritto:

…Mi aveva lasciata lì, un bagno sudicio di un club di bassa lega.

Era biondo con occhi azzurri vitrei, ma non sarebbe stato il mio angelo quella sera…o si?

Mi penetrò con forza, mi schiaffeggiò il viso ripetutamente, le lacrime mi uscivano copiosamente ma ero felice. Ero solo un fottuto oggetto nelle sue mani, una fottuta marionetta in balia dei suoi desideri, ma stavo bene.

Per una volta non avevo alcun controllo, essere sopraffatta mi faceva sentire la libertà scorrere nelle vene. Finalmente!

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Sogno doppio di Roberto

L’auto che giungeva in senso contrario ci uccise all’istante. Eravamo morti ma in qualche modo sentivamo ancora. Iniziammo lentamente a fluttuare verso l’alto osservando sconcertati la gente che accorreva sul luogo dello schianto, l’arrivo dei primi, inutili, soccorsi.

La dolorosa consapevolezza di poterci perdere da un momento all’altro ci buttò contemporaneamente l’una nelle braccia dell’altro e ci avvinghiammo nel tentativo assurdo di un ultimo amplesso. Non so come sia potuto avvenire ma in qualche modo ci riuscimmo. Non so come sia potuto avvenire ma mi ritrovai con la camicetta aperta i cui bottoni erano saltati via impazziti. Affondò con foga il viso tra i miei seni saltando
come un’ape impazzita dall’uno all’altro, mordendo, succhiando, torturandomi i capezzoli che quel poco di sensibilità che ancora ci restava.

Poi preso da un’urgenza dolorosa scostando la gonna con facilità mi prese senza tanti complimenti penetrandomi in un colpo solo, fino in fondo. Serrai con forza le cosce intorno ai suoi fianchi timorosa di vederlo svanire da un momento all’altro, abbracciati in un non luogo, senza tempo.

Alla fine ci separarono, contemplavo la sua immagine allontanarsi e contemplavo me, diafana, con la camicetta lacera, il seno generoso senza costrizioni e le mie cosce ancora nella posizione di stringere i fianchi del mio compagno.

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Annarella ha scritto:

Esco per andare al lavoro. Stamattina il vagone della metro è quasi vuoto. Davanti a me siede un bel ragazzo con lo sguardo duro, fisso nel vuoto.

Sale sempre più gente mano a mano che ci si avvicina al centro. Tra me e lui si inserisce una ragazza alta, bella, con lo sguardo un po’ sognante. Resta lì in piedi dandomi la schiena. Il ragazzo si alza e si piazza davanti a lei, in piedi, e lascia spazio ad un’altra persona che si siede al suo posto.

Il vagone ondeggia sotto terra, c’è caldo e molto rumore.

Ormai sono arrivata. Lui scende ad una fermata prima di me. Quando si sposta lei resta ancora lì, appesa, mezza svestita, con lo sguardo incantato.

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Maria Luisa ha scritto:

Tre mesi e alla fine è successo, nello sgabuzzino come i peggiori film che ho visto. Si sentiva eh, lo sapevo, lo sapeva anche lui, è bastato un contatto involontario di troppo, un posto stretto. Sfiorarsi e non ho pensato, mi ha svestita in fretta, l’ho svestito in fretta. Baci, morsi ed è entrato subito e ha fatto quasi male e per questo era meglio, perché era senza moine. Solo istinto tanto che anche lo spigolo dello scaffale contro la coscia destra mi ha fatto un male che andava bene. E adesso niente, fumo una sigaretta e la
giornata continua, ho scopato nello sgabuzzino e mi è piaciuto, e sono tranquilla ed è passato un bel momento. Mi riabbottono e già è un altro tempo.

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una Troietta annoiata ha scritto:

Sono anche un po’ stanca, credo.
Si, insomma…di farmi scopare così.
Sempre da dietro. Sempre dietro.
senza neppure togliermi i vestiti.
Lasciata sempre qualche passo indietro
disfatta
ma sazia
del sesso che cercavo.
Soddisfatta da orgasmi frenetici.
Ma basta! Almeno un bacio… Guardami almeno!

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Rachele e Anna hanno scritto:

Alla cena c’era anche lei. pollo miele e mandorle.
Ad ogni boccone non vedevo l’ora di assoporarle la fica.
non ci sono altri pensieri. tutto succede velocemente.
davanti a tutti.
senza pudore scivolo sotto il tavolo.
incomincio a leccargliela e si confondono il suo odore con il miele.
le mie mani arrivano ai suoi capezzoli.
Gli altri continuano a mangiare. lei rimane nuda.
Estasiata ma sola.

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Sid, Dva e Sara hanno scritto i tre punti di vista della storia:

Mezzo ubriaco esco dall’appartamento per raggiungere amici, scendo
dalle scale e incontro lei. L’avevo incontrata ad una cena noiosa
qualche giorno prima e i suoi sguardi erano stati l’unico motivo per
ricordare la serata.
Ci stringiamo per lasciarci passare. Gli occhi si incontrano, noi ci
fermiamo. Intenti a vedere cosa succede noto che si è fatta i capelli
color fucsia e che il suo cappotto si abbina particolarmente bene.
Aiutato dall’alcool la sbatto sul muro. La bacio e mi lascio sbattere
a mia volta. Spostando i vestiti il minimo indispensabile riusciamo a
unire i nostri sessi. Per un istante che sembra un minuto ci lanciamo
un’occhiata come quelle dell’altra sera. Veniamo. Esco subito prima.
Sul muro un misto della nostra eccitazione. Ci ricomponiamo e
continuiamo per la nostra strada dopo un ultimo bacio.

Fu la voglia improvvisa di qualcosa di efficace a pervadermi, e il suo sguardo determinato a convincermi. E fu arrogante, sbagliato infiammato, vivo.

Dovevo uscire di casa, fare un giro per la città, l’insonnia mi stava distruggendo. Decido di non prendere l’ascensore e di scendere le scale del condominio a piedi, tra il terzo e il secondo piano vedo due persone sulle scale, penso: “saranno i soliti vicini, quelli dell’appartamento degli studenti universitari alle prese con uno dei loro festini notturni del fine settimana” e invece: erano due che scopavano! Osservo meglio e noto che erano l’inquilino del quarto piano e l’inquilina del terzo piano, avvinghiati sui gradini e io lì che guardavo e non riuscivo a passare. Penso: “ma io volevo solo uscire di casa!”. Quindi inizio a dire a voce alta: “ma non ce l’avete una casa? Proprio qui dovete scopare? io devo passare, mi fate passare?”.

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la Roscia ha scritto:

Ero arrivata troppo presto. Il treno non sarebbe partito prima di due ore. Mi siedo, scazzata. Perdo lo sguardo dove capita. Nessun pensiero. Alla 2^ sigaretta mi accorgo di lei, delle sue sue gambe che non finivano più. Era sola con una valigia di quelle che ti bastano per una nottata e ritorno. Comincio a fotografarle i piedi. Dieci minuti e la avvicino. Che bocca!, rossa, carnosa con un dente che si appoggiava sul labbro inferiore. Le dico della foto. La vede, mi sorride. Le chiedo quanto tempo ha. E’ partita la birra. Becco un bar, di quelli un pò tristi, da pensionati che bevono Mistrà. Parla, non l’ascolto. Accavalla le gambe per far avvicinare il cameriere al tavolo. Mi vede. Si guarda anche lei. Mi chiede cose stupide, vuole solo sentirsi dire che mi scopo le donne. Le chiedo quanto manca. Lei: un’ora. Le metto una mano tra le coscie. Ha cominciato fremere. Poi il bagno e la sua lingua che mi leccava l’orecchio. Venti minuti e un orgasmo da presa a bene garantita per un mese. La bacio lentamente. Mi dice il suo nome, lo dimentico. Io invento e mi chiudo la porta alle spalle.

 

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